#Recensione – Una nobile rivoluzione
Un senso unico imboccato al contrario, i clacson che non tardano a farlo notare, “la signora sta facendo due cose in una, si è confusa!”. È un errore dettato dalla maggiore attenzione a quanto si sta raccontando, più che alla strada. Perché non è la destinazione fisica e geografica, ma il ricordo che il viaggio rievoca, ad essere importante. È solo uno tra i tanti momenti in cui viaggio e memoria si uniscono in Una nobile rivoluzione di Simone Cangelosi, opera che ripercorre la vita di Marcella di Folco, presidente del Movimento Identità Transessuale (MIT) e figura chiave nella lotta per i diritti civili e l’identità di genere in Italia, scomparsa nel 2010. Il viaggio che il regista intraprende tra Roma e Bologna permette di raccogliere testimonianze di amici, parenti e compagni che vanno a comporre, insieme a filmati istituzionali e privati, un’immagine di Marcella che non è strettamente legata al resoconto e alla collocazione temporale degli eventi storici. Lo stile partecipativo del documentario, l’interazione del regista con gli intervistati e l’alternanza con filmati d’archivio di manifestazioni o interventi pubblici rendono infatti possibile la costante intersezione tra due piani distinti come quello pubblico e quello privato. In questo modo l’infanzia di Marcella trascorsa a Roma, la collaborazione con Fellini – che rimanda al documentario Felliniana (2010) di Cangelosi e Massa – e la decisione di intraprendere il percorso di riassegnazione sessuale, conclusasi con l’operazione a Casablanca, vengono presentati contestualmente a questioni sociali come la lotta per il riconoscimento dell’identità transessuale, ottenuto con la legge 162 del 1982, la prostituzione ed il sostegno alle persone transessuali. Il tono dell’opera in questi passaggi è funzionale alla rappresentazione di Marcella: autoironico, forte, diretto e spettacolare, come si evince in particolar modo nelle scene che la ritraggono in prima persona, ad esempio travestita da Papa mentre impartisce la benedizione “froci et orbi” durante una manifestazione. Una scena che rimanda al conflitto tra una Chiesa che non può approvare scelte che vanno contro le proprie leggi, e la libertà di avere fede e credere in Dio, come Marcella, che al momento della morte portava con sé un crocifisso.
La immaginiamo ai fornelli, intenta a cucinare i carciofi ed il pecorino romano mandati dalla sorella, o a piangere dopo aver rovesciato una pentola di ragù.
Ed è proprio la richiesta di tolleranza e solidarietà alla Chiesa l’argomento del discorso che Marcella tiene a Bologna nel 1995, quando per la prima volta Simone Cangelosi la ascolta, ignaro del legame che si sarebbe instaurato successivamente tra i due: il filo conduttore del documentario. Il rapporto tra Marcella e Simone viene introdotto nella scena iniziale dall’unico utilizzo di una voce fuori campo nel film. Ctonio per larghi tratti, ma sempre presente in quanto motore del viaggio del regista, riemerge con una climax nella parte finale del film. Di grande effetto è la scena che ci porta all’interno dell’appartamento di Marcella, vuoto. Ripensando ai frammenti di ricordi ed immagini sparsi in precedenza, la immaginiamo ai fornelli, intenta a cucinare i carciofi ed il pecorino romano mandati dalla sorella, o a piangere dopo aver rovesciato una pentola di ragù. Percepiamo il senso di vuoto – come l’appartamento – che Simone ha provato dopo la scomparsa di “nonna” Marcella. E concludiamo un viaggio che, grazie ad una pluralità di voci, è anche un tributo a colei che incorporava la voce di un intero movimento.
Regia: Simone Cangelosi
Produzione: Kiné Soc. Coop, Pierrot e la Rosa
Durata: 1h 23′
Anno: 2016
Di Federico Corradini
Teoria e Metodi della Progettazione Culturale di Vittorio Iervese
Corso di Lingue, Culture, Comunicazione
Università di Modena e Reggio Emilia